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La Societologia è la scienza dei luoghi comuni, nasce infatti nelle piazze, nei bar, nelle sale d'aspetto, nei social network e in tutti i luoghi dove le relazioni umane intessono la loro collettiva e mutevole visione del mondo.

lacquacalda è un'osservatorio sulla salute sociale, tasta solo il polso, non prescrive medicine, non fa diagnosi, per cui è anch'esso sintomo di un male sociale: quello di voler parlare ad ogni costo anche quando non si ha nulla da dire.

Non parliamo di cose brutte per favore



Omnia fert aetas
Il tempo porta via tutte le cose
(Virgilio)

Chi crede che non si debba parlare apertamente della morte non legga questo articolo.

Io  credo che sia impossibile vivere senza aver approfondito l’argomento. A parte l’esperienza diretta e personale, non c’è nessuna istituzione, scuola o gruppo informale dove  si possa affrontare il discorso senza sollevare censure in forma di  scaramanzia, luoghi comuni, retoriche più o meno teosofiche o negazioni metempsicotiche. 
 Ciò avviene soprattutto nel mondo occidentale, gli altri non si fanno tutti questi problemi.

Se qualcuno è arrivato a leggere fin qua ha superato già molte barriere e pregiudizi e lo ringrazio, ma soprattutto lo tranquillizzo: non ho nessuna intenzione di parlare di morte, anzi, voglio parlare di immortalità.

L’Occidente ha fondato la sua incredibile forza culturale e capacità di condizionamento e di omologazione dei valori su un unico concetto: l’illusione dell’immortalità. L’avvento del cattolicesimo è stato provvidenziale in un mondo ad un passo dalla decadenza che non chiedeva nulla di più che  convincere e convincersi che il meglio doveva ancora venire. Da più di un millennio l’Occidente si fonda su questo unico e illusorio dogma: l’uomo è immortale; il risultato è che questo messaggio, funzionale alla conservazione dei beni materiali, al trasferimento del denaro, all’investimento, alla produzione e all’accumulo di beni, ha vinto su tutto e la maggior parte delle persone  pensa, decide, si muove, sceglie, lavora, come se non dovesse morire mai, dedicando la maggior parte del proprio tempo ad attività di possesso  e salvaguardia di proprietà, convincendosi che anche i valori privati e intimi siano negoziabili e  degni della stessa manutenzione che si dedica ad un auto.
 E’ molto doloroso comprendere che il tempo è poco e che quel poco è messo per lo più a servizio di un macrosistema che ha poco riguardo per le sue particelle ma che ha molto interesse a sopravvivere, in quanto composto egli stesso da persone illuse di essere immortali.  Questa è la ragione per cui ci hanno insegnato che non si deve parlare di morte e che tutto ciò che c’è di veramente bello e giusto potrà essere fatto a tempo debito: in un futuro infinito, dove finalmente potremmo dedicarci alle persone care, a giocare con i nostri bambini, a dire cose belle a chi vogliamo bene, a fare una passeggiata quando c’è il sole, ad avere tempo per la noia, per gli amici, per i ricordi, per la pazienza, per il dolore, per la gioia e per la vita in sé.
  Se si potesse parlare liberamente della morte come si parla e straparla di politica, di calcio e di crisi saremmo tutti più felici e ci godremmo in santa pace la nostra vita, certi che il tempo perso non è quello che passiamo senza produrre denaro, ma quello che passiamo senza pensare a tutto ciò che stiamo perdendo mentre guadagnamo. 
E' troppo tardi però per smitizzare questa illusione di immortalità e cominciare tutti a parlare allegramente di morte: arrivati a questo punto sarebbe troppo doloroso, sarebbe troppo traumatico comprendere una volta per tutte che ciò che ogni giorno perdi in nome dell’immortalità del macrosistema non tornerà mai più e che il paradiso del tempo perduto è drammaticamente vuoto.
Se qualcuno è arrivato a leggere fino a qua ha dimostrato di avere un po’ di tempo da perdere, ma soprattutto concorderà con me  che è una pessima cosa parlare di morte e che le poche volte che se ne parla serve solo a confermare che sono sempre gli altri a morire.

Elena Pascolini

Letture consigliate :

Il libro tibetano del vivere e del morire
Sogyal Rinpoche, Ubaldini Editore, Roma

Come l’uomo inventò la morte
Timothy Taylor, Newton Compton

http://www.sipuodiremorte.it/
Marina Sozzi







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