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La Societologia è la scienza dei luoghi comuni, nasce infatti nelle piazze, nei bar, nelle sale d'aspetto, nei social network e in tutti i luoghi dove le relazioni umane intessono la loro collettiva e mutevole visione del mondo.

lacquacalda è un'osservatorio sulla salute sociale, tasta solo il polso, non prescrive medicine, non fa diagnosi, per cui è anch'esso sintomo di un male sociale: quello di voler parlare ad ogni costo anche quando non si ha nulla da dire.

Onore e coraggio



Onore e coraggio non è il titolo dell’ultimo sceneggiato con l’Arcuri né un inedito di Jane Austen, anche sé il periodo in cui si attesta l’ultimo avvistamento delle due parole è pressappoco quello della scrittrice ottocentesca.
Parliamo di onore e coraggio perché è ciò che manca ai nostri giorni, è qualcosa di cui ormai sfugge il significato ma è anche qualcosa di cui sentiamo un’ irreparabile nostalgia: è chiaro, dal momento che ci guardiamo intorno alla ricerca disperata di eroi a cui affibbiare i due sostantivi; ma mentre gli eroi scarseggiano, o spesso vengono confusi con persone che fanno semplicemente il loro dovere, di antieroi ne abbiamo a bizzeffe e perdiamo anche tempo a interrogarci sui moventi delle loro azioni.
Perché gli impiegati pubblici timbrano il cartellino e vanno a fare shopping? Perché alcuni dipendenti di Istituti di Credito vendono titoli ad alto rischio sapendo di fare un danno al cliente? Perché un automobilista prende sotto un pedone e anziché soccorrerlo scappa? Perché dei ragazzini di buona famiglia seviziano e stuprano una loro coetanea? Qualche lettore avrà delle riserve sul fatto che assimilo gli impiegati assenteisti ai pirati della strada e agli stupratori ma, benché i danni siano di natura ben diversa, mi spiace dirlo,  i meccanismi alla base di tali comportamenti sono del tutto simili. Notiamo infatti che il nostro giudizio è proporzionale al danno e non al movente,  di fatti applichiamo costantemente dei filtri che rendono la nostra visione del mondo e delle azioni altrui del tutto relativa.
Il concetto di relatività, applicabile a una serie infinita di circostanze, spiega come la realtà in effetti non esista, ma sia una percezione soggettiva filtrata dai sensi (anch'essi soggettivi) e dai personali repertori storici, sociali, culturali, caratteriali e genetici. Per far fronte alla innegabile aleatorietà nella quale saremmo costretti a "navigare" se prendessimo la relatività come assunto principale per descrivere gli eventi, siamo costretti a fornirci di norme stabili che costituiscano un unico punto di riferimento per giudicare la realtà. Il punto di vista del carnefice è spesso quello di credersi una vittima a sua volta, poi ci pensa la legge a oggettivare la circostanza. La società nel frattempo sta a guardare e costruisce un ulteriore mondo di significati, dove la relatività è a servizio dell'immedesimazione.


Le leggi sono un efficace riferimento oggettivo ma ce ne sono altri, come ad esempio i valori. I valori sono norme non scritte ma che identificano il comportamento di particolari categorie in particolari circostanze. Arriviamo al punto: forse non abbiamo nostalgia degli eroi ma dei valori che sono la base su cui si costruisce un eroe. La tradizione ci rimanda agli uomini di mare e in particolare i Capitani, come “ la nobile divisa blu”; questa attribuzione di nobiltà è data dal fatto che i valori fanno parte integrante della professionalità di questa specifica categoria e se interiorizzati, sono la più efficace "bussola" di comportamento e spingono all'azione appropriata senza quasi bisogno di riflettere. Un Capitano può aver "relativamente" sbagliato, ma se possiede una coscienza valoriale profonda, tenderà a prendersi l'intera responsabilità dell'accaduto e, perfettamente cosciente che la sua carriera e il suo futuro finiscono nell'attimo in cui avviene l’irreparabile, tenderà quasi istintivamente ad un gesto eroico che, pur avvicinandolo alla morte, possa conservarne l'onore. Ecco perché onore e coraggio "suonano" bene insieme ma raramente stanno assieme. Gli di eroi  non sono altro che capri espiatori generati dalla nostra  incapacità al sacrificio, quello che prevede l'immolazione di uno per il bene di molti, o più semplicemente una parziale rinuncia a guadagni immediati, in vista di un interesse superiore che non riguardi solo il singolo ma l'intera società,  lo stesso spirito di sacrificio che dovrebbe spingere le persone ad investire sul domani, sulla sopravvivenza delle specie, sulle nuove generazioni, su investimenti eco sostenibili, sulla sviluppo delle tecnologie bio integrate, sul rispetto di quel  mondo che troppo spesso viene trattato come quelle piazzolle di sosta dove ci si ferma a far merenda e si lascia un bel cumulo di mondezza a disposizione dei prossimi viaggiatori. Ecco che incapaci come siamo a  gesta di ordinario eroismo, cerchiamo sempre un eroe da immolare, santificare e delegare le nostre mancanze e  ipocritamente, prendiamo le distanze da questo popolo di antieroi che con i loro piccoli e grandi misfatti ci somigliano e ci rappresentano di più dei "capitani coraggiosi".
Abbandonare la nave non è una prerogativa dei vigliacchi, ma un atteggiamento comune a molte persone che navigano a vista, senza bussola e senza carteggio e chissà perché, sono sempre le ultime ad affondare.
Elena Pascolini

 Concordia  di Valentino Menghi   www.valentinomenghi.it

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