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La Societologia è la scienza dei luoghi comuni, nasce infatti nelle piazze, nei bar, nelle sale d'aspetto, nei social network e in tutti i luoghi dove le relazioni umane intessono la loro collettiva e mutevole visione del mondo.

lacquacalda è un'osservatorio sulla salute sociale, tasta solo il polso, non prescrive medicine, non fa diagnosi, per cui è anch'esso sintomo di un male sociale: quello di voler parlare ad ogni costo anche quando non si ha nulla da dire.

Le signorine snob

La maleducazione è arrivata molto in alto, la nostra freddezza l'ha lasciata lavorare, adesso la ribellione spetta a noi. Non si era mai visto nella storia: la rivoluzione degli educati. (Franca Valeri da "Bugiarda no, reticente" Ed. Einaudi)


Un primo sole s’è affacciato a scaldare gli ultimi cumoli di neve ai lati della strada, la cavatina di primavera ha riempito il parco di mamme, bimbi e adolescenti che nell’aria annusano già una profezia estiva, cedendo alla tentazione di evadere dai banchi di scuola e lo fanno in gruppo: le migliori amiche, le fantastiche quattro, quelle che divideranno questo e altri ricordi per molti altri anni ancora.
Spingo mio figlio sull’altalena poco distante dalle quattro ragazzine che portano ancora i segni dell’infanzia nei loro faccini paffuti, segni che coprono a botte di mascara e rossetti improbabili. C’è noia e un po’ di sonno, si fumano sigarette e si sbadiglia, lucertoline appannate che non sanno che farsene di tutto quel tempo vuoto, poi due di loro rompono il silenzio: una racconta nei dettagli forma, sostanza, colore, consistenza delle sue feci mattutine e del fatto che avrebbe l’esigenza di ripetere l’esperienza, l’altra, totalmente fuori tema, racconta puntigliosamente una pratica di fellatio che ha recentemente dedicato al suo ragazzo. Ovviamente non riporto come di consueto la conversazione letterale, mi limito a dire che è realmente avvenuta e che la terminologia non era propriamente quella da me adottata in questa sede. Aggiungo anche che il tono di voce era stato opportunamente calibrato in maniera tale che mi giungessero distinte tutte le minuzie possibili ma, di fatto, ecco l’unica informazione mi è arrivata: non hanno più nulla da distruggere e chi non ha più nulla da distruggere non ha neppure lo spazio per costruire. Volevano scandalizzare? Che tenerezza, tutte vestite da punk uguali a raccontarsi cose di ordinaria routine che le loro madri e le loro nonne avranno esplorato prima e meglio di loro. Ci siamo riusciti, li abbiamo neutralizzati i nostri giovani, li abbiamo resi inoffensivi, si illudono di attaccarci infilando una serie dietro l’altra di paroline spinte, sono le nostre brutte copie, i nostri scimpanzé ammaestrati e nutriti degli avanzi delle nostre volgarità, sono soldatini di ventura senza guerra, sono pugili che tirano ganci a pupazzi di peluche. Gli abbiamo tolto il futuro e in cambio gli abbiamo dato il permesso di farsi i tatuaggi e di dire le parolacce. Ecco cosa ho pensato. E ho pensato anche a Franca Valeri che in una sua intensa biografia si descrive adolescente irrispettosa che parlava alla pari con i suoi professori, ma ho pensato anche a me, che non sono degna di calpestare neppure l’ombra della Valeri, ma che leggevo di nascosto sotto il banco durante noiosissime ore di letteratura morta e ho pensato alla risposta che diedi al docente quando mi chiese: “Pascolini, quello che stai facendo è più interessante della mia lezione?” e io: “Senza dubbio”. Ricordo poi i sabati pomeriggio quando ci si truccava in ascensore e ci si struccava al bagno del bar prima di salire a casa, i primi cicchetti di nascosto e le mentine per camuffare l’alito, il labirinto di intricate bugie che tessevamo tra amiche in difesa dei primi amori e ricordo soprattutto le pene, quasi capitali, che si rischiavano se si veniva scoperte. Ricordo i discorsi su un mondo migliore, l’odio acceso verso adulti incomprensibili e incolori, le promesse di non cambiare mai, di non diventare “come loro”. Che tristezza, sono diventata come loro, almeno su un punto: penso che la mia giovinezza è stata migliore di quella che vedo attorno a me. Vorrei sbagliarmi ma credo che la rivolta, la necessità di sentirsi liberi, il bisogno di spezzare le catene, l’urgenza di diventare autonomi e di “costruire un mondo migliore” si siano irrimediabilmente estinti, a meno che le nuove generazioni non scoprano che l’unico modo per ribellarsi a questa noiosa epoca è stupire veramente tutti.
Come? Con le buone maniere.
Elena Pascolini

Le nuove generazioni sono sempre meglio delle vecchie, già per il solo fatto di essere nuove. E.P.



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