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La Societologia è la scienza dei luoghi comuni, nasce infatti nelle piazze, nei bar, nelle sale d'aspetto, nei social network e in tutti i luoghi dove le relazioni umane intessono la loro collettiva e mutevole visione del mondo.

lacquacalda è un'osservatorio sulla salute sociale, tasta solo il polso, non prescrive medicine, non fa diagnosi, per cui è anch'esso sintomo di un male sociale: quello di voler parlare ad ogni costo anche quando non si ha nulla da dire.

Il precario equilibrio dei lavoratori stabili


Lavoratore Fisso: Questa crisi ci darà il colpo di grazia…
Lavoratore Precario: Dillo a me, tu almeno hai il posto fisso ma io sono precario.
Lavoratore Fisso : Già…il “posto fisso”… io sarò tra quelli che vanno a casa prima: con la modifica all'articolo 18... almeno tu per ora il lavoro ce l’hai.
Lavoratore Precario : Per ora, ma non ho neanche diritto agli ammortizzatori sociali.
Lavoratore Fisso : Lascia stare che ti va comunque meglio: tu ci sei abituato a rimanere senza lavoro, io no.
Questo dialogo, realmente avvenuto (e credo non solo fra questi due lavoratori), dimostra un fatto evidente: la percezione del rischio e del danno personale è un fattore totalmente soggettivo che investe la persona nella sua intera biografia socioeconomica. In parole semplici, gli individui pensano e gestiscono sé stessi e il loro ambiente in modo economico, molto similmente a come fa un’impresa, valutando investimenti, uscite, entrate e ricavi. I ricavi, in questo caso, non è detto che coincidano con i profitti, il ricavo del soggetto privato è tutto ciò che va ad incidere sul benessere, compresi viaggi, beni voluttuari e giocattoli per i figli. Un buon gestore della propria economia di vita tenderà a trovare punti di equilibrio tra uscite, entrate e ottenimento del benessere. Ovviamente chi possiede uno stipendio fisso stabilizzerà nel tempo questo punto di equilibrio e chi ha contratti precari tenderà a mantenersi in equilibrio su un livello minimo, evitando alcuni tipi di investimento anche quando le entrate potrebbero permetterlo. Nel tempo le due diverse economie personali diverranno parte integrante del modo di percepire la realtà da parte dei due soggetti, creando fra loro una disparità non solo economica ma anche psicologica: il precario vedrà il mondo dello stabile come privilegiato a prescindere, anche nel momento un cui quest’ultimo si vedrà negati diritti e compensi che erano divenuti parte integrante del suo equilibrio di lunga durata, causando un trauma al suo bilancio economico, sociale e psicologico. D’altro lato lo stabile vedrà il mondo del precario come una condizione in divenire e non come uno stato perenne: dirà a sé stesso e al precario che quella condizione è transitoria e possibile di mutamente positivi, rafforzati soprattutto dall’informazione esterna che evidenzia sforzi in tale direzione mandando spesso un messaggio distorto che sembra dire: togliamo agli stabili per dare ai precari.
Sicuramente la mancanza di una corretta politica gestionale dei contratti dell’ultimo decennio, unita all’impoverimento della popolazione e in ultimo all’avvento della crisi, hanno creato una nuova guerra di poveri che guardano un po’ troppo dentro i reciproci portafogli e poco sopra le loro teste. Chiaramente questo atteggiamento porta ad un inasprirsi delle tensioni interne alla società senza trovare un giusto sfogo e un reale punto di vista in comune. L’invidia la fa da padrone e il padrone continua indisturbato a fere i suoi interessi.
Il messaggio che la classe politica ed economica fa nei riguardi di tutti i lavoratori è molto simile a ciò che fa la mamma quando il figlio non strozza le insipide verdure lesse:mangia che in Africa i bambini muoiono di fame.
Il punto è che un bambino di due anni non si fa fregare da questa teoria e risputa in faccia alla madre gli spinaci.
Elena Pascolini

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