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La Societologia è la scienza dei luoghi comuni, nasce infatti nelle piazze, nei bar, nelle sale d'aspetto, nei social network e in tutti i luoghi dove le relazioni umane intessono la loro collettiva e mutevole visione del mondo.

lacquacalda è un'osservatorio sulla salute sociale, tasta solo il polso, non prescrive medicine, non fa diagnosi, per cui è anch'esso sintomo di un male sociale: quello di voler parlare ad ogni costo anche quando non si ha nulla da dire.

La paura in testa - Un meccanismo di difesa che ci attacca -


E’ difficile parlare di un concetto complesso come la paura senza cadere  in sciatte semplificazioni, potrei onestamente dire che ho proprio paura a trattare questo argomento.
Credo che sia necessaria una premessa e un' evoluzione del discorso nei prossimi numeri: proporrei di parlare di paura per tutta l’estate, così possiamo prepararci meglio ad un lungo inverno di crisi e di ansia da perdita del lavoro.
Come primo passo propongo una sintetica descrizione di cos’è in effetti la paura: possiamo definirla un’ emozione primaria funzionale ad attivare una serie di risposte organiche e comportamentali atte alla difesa dell’incolumità del soggetto. Immaginiamo che il nostro cervello sia un sito archeologico: in superficie troviamo i reperti più recenti della nostra civiltà, probabilmente bottiglie di plastica e ciabatte di gomma, mano a mano che scendiamo in profondità affioreranno resti di strutture murarie appartenenti ai secoli scorsi, ma se scaviamo ancora ecco comparire le immancabili rovine romane e ancora più in basso possiamo trovare resti di insediamenti più antichi fino ad arrivare a primitivi basamenti rupestri. Così il sistema nervoso centrale ha in superficie la corteccia primaria, evoluta principalmente nell’essere umano, e negli strati più interni ha sistemi tipici delle specie animali meno evolute, fino a raggiungere il sistema limbico che non è altro che il “cervello del rettile”, semplicissimo ma efficace a garantire la sopravvivenza delle lucertole fino ai giorni nostri e una lucertola sa bene come comportarsi di fronte alla paura: arriva il gatto, lo vede, lo stimolo sensoriale  colpisce l’amigdala (piccola mandorlina interna al sistema limbico), l’amigdala scarica ormoni come l’adrenalina che hanno il preciso compito di attivare risposte immediate che coinvolgono l’attivazione istantanea di muscoli e circolazione sanguigna, il tutto si risolve in un istante tra l’arrivo del gatto e la fuga della lucertola. Tutto ciò è avvenuto “senza pensiero”, ossia come riflesso istintivo, ma il risultato apprezzabile è che la lucertola ha salva la vita. Nel nostro caso avviene una reazione del tutto simile ma la sostanziale differenza sta in due fattori che fanno di noi animali evoluti: il primo è che i nostri “gatti” sono nella maggioranza di casi pericoli dai quali non si può sfuggire, la seconda è che la nostra  neo corteccia dice all’amigdala che non possiamo reagire come lei vorrebbe, ossia con attacco o fuga. Se la minaccia è un velato ricatto o un sottinteso senso di precarietà volutamente innescato da un gatto con gli occhiali che ha il potere di decidere sulla nostra vita, sul nostro futuro o sul nostro posto di lavoro, ecco che tutti gli ormoni, che la primitiva amigdala ci mette in corpo per innescare la nostra reazione, vengono inibiti dalla corteccia primaria, piena di cultura, buon senso e saggia vigliaccheria. Il risultato è che di fronte alla maggior parte di paure non possiamo scappare, dobbiamo rimanere ben piantati alla nostra scrivania mentre i nostri ormoni del terrore gironzolano nel nostro corpo trovando un'unica via di sfogo: lo stress.
La mia principale paura in questo momento è che un neuropsichiatra legga questo mio imperdonabile saggio di neurofisiologia, ma era d’obbligo gettare una piccola fondamenta di un problema molto più complesso di cui continueremo a discutere: il sistema limbico in comune non basta ad avvicinare il nostro mondo a quello delle lucertole, il nostro habitat è ben più complesso, abbiamo nemici ben più subdoli e sottili di un gatto annoiato, abbiamo problemi quotidiani che purtroppo non si risolvono nel mangiar formiche e nel prendere più sole possibile e soprattutto, alla più brutta, non ci è dato di smollare la coda e nasconderci in un buco.
Elena Pascolini   

1 commento:

Anonimo ha detto...

Ah dici non si può proprio scappare in un buco??? ;)

Cesca