Molto spesso chi ci da
ragione ha torto
Nonostante abbiate cambiato albergo, località e periodo delle
vostre ferie, inspiegabilmente e disgraziatamente l’astronomo che vi rovinava le nottate
stellate ha fatto la stessa cosa e per una bizzarra coincidenza ve lo ritrovate
lì: nella sdraia di fianco la vostra a bere moijto e a guardare il cielo a bordo
piscina[1].
Complice una leggera perturbazione le stelle non si vedono e
tale circostanza vi obbliga a parlare d’altro, tipo del tempo, del fatto che fa
più freddo del solito e che per fortuna avete in valigia un maglioncino di
cashmere e che guarda caso anche lui ha il maglioncino di cashmere in quanto
intramontabile e necessario elemento del guardaroba, pressoché immortale, mai
demodè e sempre pratico e versatile.
Siete riusciti a scambiare una breve conversazione con l’odiato
scienziato e soprattutto avete parlato la stessa lingua, vi siete trovati
concordi e avete anche scoperto di avere in comune una certa simpatia per le capre
pakistane e il moijto. Questo piccolo miracolo è successo grazie al luogo
comune nel quale vi siete incontrati.
Il luogo comune, non è solo
l’albergo che per una strana
convergenza vi ha fatto ritrovare, nel significato traslato è il tempo freschetto e le indiscutibili doti
del cashmere, ossia quell’argomento che vi ha permesso di comunicare,
nonostante l’abissale differenza che credevate vi separasse.
Dunque il precisissimo astronomo è assolutamente capace di
generalizzazioni e semplificazioni, all’occorrenza può discutere anche di come salvare l’ Italia semplicemente
togliendo l’IMU o abbassando il costo del lavoro, a patto che non lo faccia con
un economista.
Parlando proprio con il nostro amico astronomo avevamo
considerato come gli stereotipi e i luoghi comuni si sfaldino e cedano in virtù
di una maggiore consapevolezza e una migliore conoscenza dei
fenomeni , ma è grazie alla superficialità e all’approssimazione che riusciamo
a trovare una base comune attraverso la
quale creiamo relazioni con gli altri e interpretiamo il mondo; dunque, questo
“pensiero leggero” che ci permette di disquisire su fatti sociali, economici,
politici è un bene o un male? Come tutte le cose, mi si perdoni il luogo
comune, è sia un bene che un male, dipende dall’utilizzo che ne facciamo. Il
bene sta nel fatto che l’uomo è un essere sociale e in quanto tale comunica e
si relaziona con il suo prossimo condividendo
un universo di concetti comuni, lo stesso termine comunicazione implica questa necessità di unire i significati e
parteciparli con gli altri. Cosa accadrebbe se ogni tentativo di
comunicazione fosse intercettato da un tecnico dell’ argomento e svolto su un piano di analisi e
approfondimento accademico? Possiamo lamentarci dell’assenza delle mezze
stagioni con un meteorologo?
Il sapere collettivo, il dialogo di massa, gli stereotipi, l’opinione
pubblica, la partecipazione agli eventi e alla evoluzione del mondo sono il risultato di un passaggio dallo
specifico al generico, una sorta di
imbuto dove l’origine dell’informazione è densa e copiosa e la sua composizione
finale è invece molto più filtrata, povera e sintetica. Ciò permette alle
persone di parlare di medicina senza essere medici, di talee senza essere
giardinieri, di religione senza essere teologi e di omicidi senza essere
poliziotti della scientifica. I media
accelerano e agevolano costantemente questo flusso e questa sintesi,
soprattutto nell’ultimo trentennio in cui abbiamo assistito ad una incredibile
moltiplicazione degli strumenti di diffusione dell’informazione, parleremo
meglio di questo fenomeno e delle sue precise conseguenze prossimamente, ora ci basti sapere che tutto ciò che abbiamo fin
ora descritto serviva a immaginare cosa accade nel caso in cui dovesse avvenire
un inversione di questo flusso informativo, ossia se dal generico, dalla rappresentazione
sociale di massa, si generasse lo
“specifico” definito non tanto dal contenuto, che resterebbe appunto
superficiale ed edulcorato, ma dalla fonte: a dirci in modo forfettario,
disarticolato, superficiale, degradato, approssimativo,
stereotipato e alle volte anche errato, come deve andare l’economia, cosa deve scoprire la scienza, come si deve combattere la disoccupazione, come ci si deve
comportare, chi si deve votare, cosa si deve leggere, cosa bisogna disprezzare, non è più il nostro vicino di caffè al bar ma
una figura istituzionale o meglio, un soggetto che si traveste da tale.
Ecco qual è il lato negativo della faccenda, il male sta
nella strumentalizzazione e nella cattiva fede di chi ripete ciò che dice il
popolo per parlare al popolo, emula il luogo comune con il preciso scopo di
innalzare concetti che dovrebbero stare in basso, solo per dare l’illusione
alla massa di pensare il giusto.
La massa quasi mai pensa il giusto, se mai
pensa il collettivo, pensa ciò che è più semplice pensare, pensa il significato più vicino alla sua necessità
di rimanere per l’appunto massa.
La cultura e il suo equivalente, ossia lo spirito
critico, sono le chiavi di accesso ad un certo individualismo che
contraddistingue proprio chi si affida a questi strumenti: chi aspira al potere
e a governare i popoli osteggia da sempre chi si ostina a pensarla a suo modo e da
sempre cerca i migliori mezzi per assicurare una certa omologazione che
garantisca stabilità e faciliti ogni sorta di decisione centrale, in quanto la
si fa passare per decisione “democratica”. L’illusione più meschina che la
storia ci ha offerto è quella di far credere alla massa di essere un elite, confondendo volutamente il concetto di democrazia con quello di demagogia.
Chi aspira al potere non è colui che aspira a garantire la
democrazia, sono due personaggi molto diversi, il secondo è quasi sempre più
antipatico e meno popolare, il primo ci rassicura perché ci somiglia e ci da
ragione, anche quando esprimiamo desideri impossibili davanti ad una stella
cadente.
Immaginiamo che il cielo sia
tornato sereno e che ci offra lo spettacolo meraviglioso di una luna
gigante , come alle volte capita di vedere e immaginiamo di condividere il
nostro stupore con l’amico astronomo:
- - Guarda
che roba, sembra che ci cada in testa!
e l’astronomo: - Dio mio!
Cosa
aspettiamo, scappiamo tutti!!!
Elena Pascolini
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